Facciamo chiarezza su questi due termini spesso usati come sinonimi. È un argomento affrontato da tutti i designer, c’è tanta confusione in merito, mentre è importante avere chiara la differenza prima di iniziare un percorso di identità visiva.
LOGO
Comunemente indica il segno grafico di un marchio. In realtà è l’abbreviazione della parola ‘logotipo’, derivante da ‘logos’ (dal greco parola) e da ‘tipo’ (che sta per il carattere tipografico). Quindi tecnicamente il logo è una particolare esposizione tipografica del nome di una marca, cioè la grafia con cui esso è composto.
MARCHIO
Insieme degli elementi connotativi (testuali e visuali) che compongono il codice della marca. Il marchio, inoltre rappresenta anche l’entità legale, è possibile infatti registrarlo legamente.
Il termine marchio non indica solo un simbolo, o solo un carattere, ma la loro unione, ad esempio il marchio della Nike, in cui il tratto a forma di baffo è unito alla scritta ma può essere usato anche separatamente da solo. I marchi fatti di sole lettere come ad esempio la Coca-Cola, sono chiamati loghi o logotipi. Basta infatti che il lcarattere sia ben connotato per essere memorizzato come marchio.
Vi parlerò di sei macro-modelli per identificare visivamente una marca. La classificazione delle tipologie di un marchio è importante, come punto di riferimento, per definire a monte di un progetto l’approccio comunicativo più indicato per il settore di riferimento e rispetto alla strategia da utilizzare.

Monogramma
Particolare assemblaggio tipografico di una o più lettere iniziali di un nome. Questo è il modello con più criticità, ad esempio attribuisce uan scarsa personalità ed è dfficile da memorizzare. Può essere necessario utilizzare questo tipo di rappresentazione quando il nome in questione è un termine composto o molto lungo. Alcuni esempi di monogramma sono Mtv, IBM, BBC.

Marchio parola
Basato solo su un logotipo, cioè solo su una particolare grafica del nome, senza nessun elemento figurativo. In questo caso è fondamentale il lettering per dare una caratterizzazione visuale alla parola ed aiutare la memorizzazione. Alcuni esempi sono Coca-cola, Braun, Kenwood.

Logotipo figurato
Marchio parola inscritto in una forma geometrica. In questo caso è sconsigliata l’adozione di questo modello se il brand-name è particolarmente lungo o difficile da pronunciare. Alcuni esempi di logotipi figurati sono Chicco, Barilla e Samsung.

Marchio figurato
Logotipo abbinato a un simbolo grafico stilizzato e riconoscibile, chiamato anche pittogramma. Parliamo qui di marchi la cui figura può essere definita verbalmente nello stesso modo dalla maggior parte delle persone con la stessa interpretazione. Ad esempio la mela di Apple, il puma della Puma. La difficoltà oggi nella scelta di questa tipologia è proprio creare un marchio figurato originale.

Marchio astratto
Logotipo abbinato a un simbolo astratto, cioè non riconducibile a un oggetto riconosciuto. Parliamo di simboli di fantasia, che hanno un significato attribuitogli e poi dichiaratogli (come i cartelli stradali). Esempi di marchi astratti sono Mercedes-Benz o Nike. Realizzare un simbolo astratto non è semplice, si corre il rischio di replicare qualcosa o di creare simboli poco emozionali.

Marchio illustrato
Logotipo abbinato a un elemento figurativo complesso, come un’illustrazione. Questa tipologia è molto usata per identificare prodotti di largo consumo, applicando al packaging il marchio si cerca di attribuire maggiore seduzione comunicativa. Gli svantaggi nell’uso sono costituiti ad esempio dalla difficoltà di lettura nelle riduzioni del marchio in piccolo, dall’impossibilità di riproduzione su materiali particolari. Marchi illustrati come Mulino Bianco o Hermès.
Tutti i marchi appartengono ai legittimi proprietari; marchi di terzi, loghi, nomi di prodotti, nomi commerciali, nomi corporativi e di società citati sono marchi di proprietà dei rispettivi titolari o marchi registrati da altre società e sono stati utilizzati a puro scopo esplicativo, senza alcun fine di violazione dei diritti di Copyright vigenti.
Testi consultati: Brand identikit, Grizzanti. Critica portatile al visual design, Falcinelli.